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Il coniglio pasquale e carote alla cioccolata – Sogno del 16.5.2005
Tempo di lettura : 3 minuti

Per ringraziare i nostri fedeli lettori e festeggiare degnamente l’imminente festività pasquale abbiamo pensato di pubblicare il sogno “Il coniglio pasquale e carote alla cioccolata – Sogno del 16.5.2005”. Il sogno inizia quando mi trovo in ospedale perché un mio parente deve sottoporsi a una visita. La sala d’attesa del pronto soccorso somiglia a un casello autostradale: piena di gente, caotica, con un’atmosfera di disorganizzazione che rende il tempo infinitamente lento. Mentre aspetto, un’infermiera dell’accettazione annuncia con sicurezza che si occuperà di velocizzare le operazioni.

Accanto a me, inaspettatamente, è seduto un coniglio pasquale. Mi racconta che è lì per un controllo in vista della Pasqua ormai imminente. Lo fisso incredulo: è vestito con uno di quei costumi di peluche che si vedono nei parchi divertimento, ed è incredibilmente grande, quasi umano. Nonostante il suo sguardo inespressivo, percepisco una certa umanità in lui, e anzi, mi sembra un tipo piuttosto divertente. Mi chiedo che vita conduca. Lo si ricorda solo durante le festività, mi dico. La curiosità prende il sopravvento e gli faccio qualche domanda: cosa fa nel resto dell’anno? Quali sono i compiti di un coniglio pasquale? Con pazienza, mentre sgranocchia una carota ricoperta di cioccolato, mi spiega che passa il tempo a riposarsi e a visitare i parenti, dato che la settimana di Pasqua è sempre molto stressante. Inoltre, mi confida che scrive racconti e libri per bambini. Lo ascolto con interesse.

All’improvviso, mi ritrovo catapultato nella mia infanzia, ma con la consapevolezza di essere adulto. La sala d’attesa si trasforma in un locale dove alcuni dipendenti di una grande catena di supermercati stanno reclutando persone contro la loro volontà. Anch’io vengo trascinato via. Mi iniettano nel collo un chip elettronico, apparentemente utile per controllare gli accessi ai varchi degli ipermercati. Mi fanno entrare e uscire da un grande magazzino che ricorda quello che c’era nella mia città quando ero bambino. Tuttavia, il chip sembra non funzionare, e io mi infurio, protestando che devo tornare in ospedale per stare vicino al mio parente. Mi caricano su un vecchio pulmino Volkswagen rosso e mi abbandonano nel mezzo di un incrocio trafficato. Sono frettolosi e poco educati, e ripartono alla ricerca di altre “cavie”.

La scena cambia ancora. Ora mi trovo sotto un pergolato in una calda giornata estiva, circondato da un gruppo di persone. Tra loro c’è un uomo dal cognome breve, che inizia con la lettera G. Simpatico e modesto, mi sembra napoletano e mi ricorda il mio caro amico Gianfranco, che infatti proviene da Napoli. Mi giro e, sorprendentemente, ritrovo il coniglio pasquale. Gli chiedo cosa ci faccia lì e lui, sereno, mi risponde che quella è casa sua. La scena inizia a perdere coerenza: a tratti mi sembra di essere sotto il pergolato, altre volte nei pressi delle mura della mia città. Tuttavia, il caldo afoso mi fa pensare di trovarmi in una località dell’Adriatico.

Intorno a me cominciano a volare colombe blu, simili a quelle dipinte da Magritte, uno dei miei pittori preferiti. Sono trasparenti, quasi fatte d’aria, e si muovono con eleganza. Mi accorgo che forse il mio inconscio sta cercando di bilanciare il rosso, simbolo di tensione, con il blu chiaro, che evoca accoglienza e serenità. Le colombe entrano ed escono da un grande specchio sospeso nel nulla. La scena è irreale, immersa in un silenzio magico.

Spinto dalla curiosità, decido di attraversare lo specchio. Dall’altra parte mi trovo su uno sperone di roccia affacciato su una valle rigogliosa, attraversata da ruscelli luminosi e circondata da una foresta lussureggiante. Mi sembra di aver già visto questa scena in un film. Le colombe, sempre più numerose, si dirigono verso una grande quercia secolare, dove si appollaiano. Sotto l’albero, c’è un pittore seduto su uno sgabello di legno. Mi accorgo che gli uccelli non solo escono dalla tela che sta dipingendo, ma sembrano prendere vita. Il pittore mi guarda, sorride e mi porge un pennello, invitandomi a dipingere.

Accanto a me, il coniglio pasquale è intento a dipingere un campo di carote. Mi parla come se non mi avesse mai incontrato prima. Io lo riconosco, ma decido di non dir nulla. Mi confida che dipinge solo carote perché non sa disegnare altro, ma è contento di incontrare nuove persone e imparare qualcosa dal pittore, che reputa molto bravo.

Il sogno si interrompe bruscamente quando mia moglie mi scuote per svegliarmi. È ora di andare al lavoro, mi dice, ricordandomi che mi aveva già chiamato due volte.

Buona Pasqua a tutti i nostri lettori.

 
Ebenezer Scrooge e volti senza volto – Sogno del 30.8.24
Tempo di lettura : 3 minuti

La giornata precedente al sogno “Ebenezer Scrooge e volti senza volto” era stata piuttosto tranquilla e serena, caratterizzata da una calma che mi aveva accompagnato per tutto il giorno. In questo sogno, vissuto senza alcuna traccia di angoscia o turbamento, ho visualizzato volti senza volto. Un ‘immagine insolita ma sorprendentemente pacifica. In quel periodo mi trovavo ricoverato in ospedale, in attesa di affrontare una lunga e importante operazione, ma nonostante tutto ero sereno.

Non provavo paura né ansia, soltanto una lieve stanchezza dovuta al peso di una lunga e inattesa inattività che si era imposta nella mia vita. Questo sogno rappresenta esattamente ciò che ho descritto nell’articolo intitolato “La mente non mente – guida onirica per notti spettacolari”.

Nel mondo dei sogni, siamo la somma delle esperienze che accumuliamo nella nostra vita quotidiana. Siamo ciò che ci ha influenzato, ciò che ci ha fatto innamorare e ciò che ci ha fatto soffrire. Siamo un insieme di sensazioni, ricordi e emozioni che il nostro Io profondo elabora e trasforma in una realtà parallela, un mondo onirico che riflette e amplifica ciò che viviamo nel reale. Il sogno non è altro che una proiezione di queste esperienze, un meccanismo straordinario che, pur sembrando privo di uno scopo apparente, ci permette di esplorare dimensioni della nostra mente che altrimenti rimarrebbero nascoste.

Avevo trascorso il mio tempo libero camminando in montagna. Una splendida giornata, né fredda né calda, condivisa con una persona a me cara. Nei miei sogni, pendii scoscesi si rivestono di un verde intenso, quasi vivo.

Un ospedale compare nei miei pensieri: una struttura che ricorda un edificio anni ’60 dell’INPS, con ampie vetrate, grandi scaloni e una moltitudine di uffici. Sportelli affollati, persone che conversano, una luce alpina chiara e invitante che avvolge ogni angolo. Le porte, fatte di vetri incorniciati da sottili profili d’alluminio, si aprono per lasciar entrare refoli di vento fresco, un soffio di montagna che sembra quasi accarezzare. Scopro che devo essere ricoverato per un intervento importante, ma non provo angoscia. Chiedo quanto tempo ci vorrà. Poco dopo, arriva un’infermiera, vestita come quelle di un tempo: il grembiulino impeccabile, la cuffietta adorna sulla testa, una figura che evoca altri decenni.

Nel sogno, la visuale continua a oscillare: ora osservo l’ospedale dalla radura di montagna situata più in basso, ora mi ritrovo nella mia stanza, immersa in luce e freschezza. È una stanza forse da tre letti, ma sono solo. Eppure, dal corridoio arriva un vociare distante, un brusio di attività frenetiche. Resto sul letto, avvolto in coperte bianche, e percepisco un senso di quiete. L’infermiera mi rassicura: l’operazione sarà presto, tutto sarà sistemato. Mi dice che il chirurgo preferisce operare nella stanza per godere della vista delle montagne, lasciandosi ispirare dalla loro tranquillità. Ho vari flash che non ricordo esattamente, forse sono interruzioni del sogno. Il sogno riprende. Arriva il chirurgo, una figura claudicante e torva, una sagoma minacciosa. Assomiglia a Ebenezer Scrooge del racconto di Dickens “Canto di Natale”. A Londra, con mia figlia, ho visto la casa dove lo scrittore abitò per breve tempo. Incredibile pensare che in quel luogo oggi così apparentemente insignificante, abbia vissuto un gigante della letteratura mondiale.

Mi sforzo di guardare l’infermiera in volto, di coglierne ogni dettaglio. Ma il sogno si pende gioco di me: la vedo perfettamente e, al tempo stesso, no. In una sorta di astrazione in terza persona, mi osservo disteso sul letto mentre l’infermiera mi prepara per l’intervento. Il suo volto, però, non esiste. Al suo posto, un cappuccio bianco e una cavità nera con occhi brillanti che scintillano nel buio. Nonostante tutto, non provo timore.

Entra mia moglie, ma nei sogni è diversa: piccola, quasi una bambina. La riconosco, ma non posso stringerle la mano perché è più bassa del letto. L’infermiera, senza volto ma con un sorriso che percepisco, la solleva come fosse una bambina. Anche se so che mia moglie è adulta, mi accorgo che è la sproporzione a giocare con noi: l’infermiera è gigantesca, io stesso sono piccolo, pur restando adulto.

L’infermiera mi tiene la mano e mi dice che tutto è andato bene. Il chirurgo se n’è appena andato. Ma un pensiero mi agita: non so cosa sia successo mentre ero incosciente. Per ore sono stato assente dalla mia vita e dalla vita degli altri. Loro c’erano, parlavano, agivano. Io, invece, non esistevo.

Limitate il consumo di grassi, altrimenti potreste ritrovarvi in ospedale a immaginare storie degne di Dickens.

Un saluto a tutti i lettori.

MaxViator per raccontinelbuio

 
Il sogno lucido
I sogni lucidi – Parte prima
Tempo di lettura : 3 minuti

Oggi approfondiremo la tecnica che permette di generare i sogni lucidi. Si tratta di una abilità affascinante e ricca di potenziale. Ma come funziona esattamente? È davvero possibile sognare pur rimanendo svegli? Naturalmente, la risposta è no. Tuttavia, esiste la possibilità di sognare durante il sonno e, con un po’ di allenamento, acquisire la capacità di svegliarsi a comando per riportare alla mente con chiarezza ciò che si è vissuto nel mondo onirico.

Questo processo consente di esplorare i propri sogni in modo consapevole e di trarre benefici da questa esperienza veramente unica. Divideremo l’argomento in due post. Il primo volto a chiarire cosa sia un sogno lucido. Il secondo dedicato alla tecnica di generazione del sogno lucido

Non si tratta di sciamanesimo, né di pratiche esoteriche lontane dalla realtà, e non avrete nemmeno bisogno di ricorrere a funghi allucinogeni o sostanze psicotrope per sperimentare un viaggio interiore. Questo approccio è completamente diverso e mira a offrire un’esperienza autentica, naturale e accessibile a tutti, senza necessità di elementi estranei che alterino la percezione.

Il sogno lucido è una pratica approfonditamente analizzata dal noto viaggiatore e studioso dei sogni Charlie Morley, personaggio affascinato dalle culture e dai sistemi di meditazione orientali, autore di un libro intitolato “L’avventura del sogno lucido”.

Ma cosa si intende esattamente per sogno lucido? Si tratta di un’esperienza onirica, spesso legata alla fase REM del sonno con altissima attività corticale, durante la quale il sognatore è consapevole di trovarsi in un sogno e può persino influenzarne gli eventi. Secondo Morley nel sogno lucido è possibile parlare con personificazioni della propria mente, muoversi liberamente oppure volare. Io, pur praticando questa tecnica da tanti anni, non ho mai provato simili esperienze. Piuttosto nei miei sogni lucidi converso con me stesso o meglio converso con ciò che nel mio Io profondo rappresenta la realtà. Personalmente in questa modalità, ho avuto modo di vivere il sogno lucido abbastanza spesso.

Il contrario del sogno lucido, è ovviamente il sogno non lucido che è caratterizzato dalla consapevolezza degli oggetti o delle situazioni presenti, ma senza che il soggetto realizzi di essere all’interno di un sogno.

I sogni lucidi sono frequentemente collegati alla metacognizione, ovvero alla capacità di essere consapevoli e di comprendere i propri processi mentali, inclusi il ragionamento e la riflessione su ciò che si pensa. Gli studi scientifici sembrano indicare che esista una stretta relazione tra il sogno lucido e le funzioni metacognitive, le quali sembrano condividere reti simili. Questo suggerisce che le persone dotate di una maggiore abilità nel gestire e controllare i propri pensieri potrebbero avere una probabilità più alta di vivere esperienze di sogni lucidi. Durante una seria indagine su questo fenomeno è emerso che almeno la metà degli intervistati ha sperimentato una situazione di sogno lucido. Più persone hanno riferito di avere sogni lucidi quantomeno un paio di volte al mese.

Nell’indagine condotta alcuni anni addietro è emerso un’ altro interessante spunto. Molti intervistati hanno affermato di avere avuto esperienze di sogno lucido senza essere stati precedentemente addestrati.

Proseguendo in ambito più tecnico possiamo dire che il sogno lucido è stato ampiamente studiato e verificato da eminenti autorità del settore. Rispettivamente nei primi anni 2000 e nel corso del 2012 sia alla Clinica Neurologica dell’Università di Francoforte, che al Max Planck Institute of Psichiatry di Monaco furono, effettuate investigazioni sul livelli di attività della corteccia prefrontale dorsolaterale destra e sulle regioni frontopolari. Si scoprì che durante questo tipo di sogno le aree deputate alla consapevolezza di sé si disattivavano completamente. Stupefacente vero ?.

Per questo scopo sono state utilizzate diverse apparecchiature per la risonanza magnetica, creando una mappa in tempo reale dell’attività cerebrale. Questo offre una conferma significativa alla teoria secondo cui, durante il sogno lucido, la corteccia prefrontale risulta quasi del tutto inattiva, limitando così la consapevolezza di sé. Al contrario, il tronco cerebrale e il lobo occipitale lavorano intensamente, consentendo l’elaborazione dell’attività onirica. Al momento del risveglio, le aree “addormentate” del cervello si riattivano, permettendoci di riconoscere che, fino a pochi istanti prima, stavamo sognando.

Ora sapete cosa accade durante un sogno lucido. Vi resta solo imparare come attivarlo e ricordare i dettagli di ciò che avete sognato. A tal proposito, vi invitiamo a leggere l’articolo che sarà pubblicato la prossima settimana!

Grazie a tutti i lettori .

MaxViator per LucidiSogniNelBuio

 
La cromoterapia – Colori nel buio
Tempo di lettura : 2 minuti

La cromoterapia di cui parleremo oggi non si limita all’esperienza delle lucine colorate nella cabina doccia. Mi dispiace smorzare facili entusiasmi, ma la pratica della visualizzazione dei colori richiede ben più di una rapida doccia luminosa. È un argomento complesso, che merita attenzione e approfondimento. Luscher insegna.

Chi era Max Lüscher? Il dottor Lüscher è stato un rinomato psicologo svizzero, noto per aver sviluppato il celebre Test dei Colori, che porta il suo nome. Dopo anni di studi e ricerche, ha ideato un sistema psicologico basato sulla preferenza dei colori, attribuendo a ciascun colore un significato specifico. E così il test è diventato il “Test di Lüscher”, legando per sempre il suo nome a una metodologia che ha attraversato decenni.

Tornando al test, esso si basa sulla scelta e sull’ordine di gradimento di otto colori tarati: grigio, blu, verde, rosso, giallo, viola, marrone e nero. A ciascuno di questi colori, Lüscher ha associato un significato simbolico preciso:

  • Grigio: neutralità e mediazione
  • Blu: accoglienza e introspezione
  • Verde: accertamento dei fatti
  • Rosso: reazione ed energia
  • Giallo: forza comunicativa
  • Viola: sensibilità
  • Marrone: stabilità
  • Nero: rifiuto e indipendenza

Secondo Lüscher, il test permette di osservare le pulsioni inconsce del soggetto e di lavorare su di esse, puntando a un equilibrio psicologico. L’enfasi è posta sull’ideoplasia: una reazione inconscia che può influenzare il nostro Io anche senza la nostra consapevolezza. Jung stesso considerava i colori come una forza archetipica capace di influenzare la mente umana, emergendo nei sogni e retroagendo sulla vita reale.

Il piano dove scorre l'acqua

Non essendo psicologo, non mi avventurerò in spiegazioni tecniche, ma voglio condividere come personalmente utilizzo la visualizzazione dei colori abbinandola al training autogeno. Prima di iniziare, scelgo un colore che rispecchia il mio stato d’animo: spesso opto per il blu, ma talvolta mi affido al giallo o al rosso. Visualizzo quel colore per alcuni minuti, lasciandomi immergere nella sua energia. Poi passo al protocollo di training autogeno superiore, concentrandomi sull’osservazione del mio Io, senza lasciarmi influenzare da pensieri esterni o da altre persone.

Per favorire l’entrata in commutazione autogena, immagino una goccia d’acqua che scivola lungo un piano inclinato e cade nel vuoto. Quando percepisco un calore nel plesso solare, so di essere vicino a uno stato di rilassamento profondo. Rimango in questo stato per circa 15 minuti, cercando di mantenere la concentrazione in un ambiente tranquillo (compatibilmente con eventuali interruzioni domestiche). Il risveglio avviene con un segnale convenzionale che ho stabilito.

Dopo il risveglio, procedo con una breve riflessione su ciò che ho visualizzato. Non aspettatevi miracoli: non ci si sveglia con poteri magici o con un conto in banca più ricco. La pratica richiede costanza, e spesso i risultati sono sottili e graduali. Continuo questo esercizio per giorni, fino a quando non percepisco una maggiore chiarezza o comprensione di me stesso.

Provateci anche voi ovviamente dopo esservi documentati.

 
L'Io profondo e il Sé si parlano
La mente non mente – guida onirica per notti spettacolari
Tempo di lettura : 3 minuti

La mente in genere non mente ma quando “grippa” va portata in officina per essere manutenzionata. Divertente vero ?.  Volete notti spettacolari ?. Bene, leggete questo articolo e vi chiariremo quale sembra essere lo scopo dei sogni .  Più volte vi ho detto che lo scopo di questo blog non è l’analisi del sogno. Non siamo psicologi professionisti ma solamente appassionati di psicologia e racconti.

Fervidi sognatori con i piedi saldamente appoggiati sulle nuvole. Ma dopo 30 anni di letture e analisi di protocolli con il training autogeno qualcosa avremo pure imparato . In particolare, chi vi scrive analizza sé stesso e i propri sogni cercando di comprenderne il significato. A volte lo faccio da solo, per molti anni l’ho fatto in compagnia.  Stante questa piccola premessa poco tempo fa ho approfondito tramite serie letture tecniche, la teoria della manutenzione del Sé oppure per semplificare il concetto si potrebbe dire; tutti sognano e nessuno riflette sul perché. Ma andiamo per gradi. Per prima cosa chiariremo ciò che il Sé rappresenta per la moderna psicologia.  

Il “fratello” del Sé è l’Io profondo. L’Io profondo rappresenta oggi una struttura di mediazione della consapevolezza. L’elaborazione fornita dall’Io rivolge il Sé verso gli altri individui.  Non si pensi a nulla di psicofisico. Il rapporto è puramente elaborativo e percettivo . Anche “gli altri individui” non sono persone fisiche ma piuttosto ciò che essi rappresentano nei nostri confronti. Jung diceva che il Sé è un contenitore. Un cerchio o un quadrato. Insomma, un qualcosa che contiene. Il suo scopo è l’individuazione, la coscienza e la totalità.

Scusate se ho pasticciato ma non sono un tecnico. Per un chiarimento più serio sul Sé si cerchi in rete “psicologia del Sé di Kohut”. Facendo un passo in più relativamente allo scopo di questo articolo potremmo arrivare alle teorie esposte da James Fosshage. In tempi piuttosto recenti esso ipotizzò che il sogno avesse funzionalità ben più profonde di quelle inizialmente ipotizzate da Freud. Secondo Fosshage il sogno avrebbe la funzione pratica di facilitare la manutenzione del nostro Sé, meccanismo interamente dedicato agli scopi evolutivi dell’individuo.  Comunque sia una cosa è certa. Il nostro Sé va in manutenzione ogni volta che ci addormentiamo. Ma dove va in manutenzione ?. Non certo in officina, ma piuttosto dall’Io profondo il quale fornisce la struttura elaborativa delle percezioni. E’ una mediazione fra le parti. Una partita di ping-pong. Un parla e l’altro ascolta . La risposta torna al mittente per ciò che l’Io ha elaborato.  

Ma quale sarebbe lo scopo di questo complicato meccanismo ?. Vi ricordate l’articolo “2010 L’ANNO DEL CONTATTO” ?. Nell’articolo il computer SAL di “2010 l’Anno del contatto” chiedeva al suo creatore se durante lo spegnimento avrebbe sognato. Lo scienziato Chandra esita un attimo e risponde “Sognerai certamente, tutte le creature intelligenti sognano e nessuno sa perché. Forse tu sognerai tuo fratello HAL, come spesso succede a me”.  Il significato è chiaro. Tutti sognano, e quelli che dicono di non sognare mai sono veri sciocchi.  Spersonalizzando la pretestuosa narrazione fornita dall’articolo originario potremo dire come J. Fosshage abbia già fornito la risposta. Nel sogno la concatenazione logica di esperienze, avvenimenti, e percezioni di avvenimenti, fornisce la chiave inglese utile alla manutenzione della nostra mente.  Quindi tutti sognano anche se non lo ricordano perché altrimenti cadrebbero a pezzi nella vita reale.  

Voi sognate ? Vi interessa un chiarimento sul “Sogno lucido”?. Ricordate ciò che avete sognato ?. Sognate a colori o in bianco e nero ?. Udite suoni, vedete visi o persone senza volto ?. Scrivete e raccontate i vostri sogni alla redazione. Ciò che invierete verrà pubblicato in forma anonima. Non preoccupatevi . Nessuna analisi, avrete solo il piacere di raccontare ciò che sognate.

 
La colonia marina
Sogno del 27.03.25 – La colonia marina con polenta costine e salsiccia
Tempo di lettura : 3 minuti

Si può davvero sognare di fare colazione con polenta, costine e salsiccia? A quanto pare sì. È successo proprio a me, e in quel sogno tornavano gli eterni corridoi e labirinti che spesso popolano le mie notti. Le interpretazioni di questi scenari sono molteplici: i labirinti potrebbero rappresentare un desiderio di cambiamento, una necessità di introspezione o una verifica del rapporto con altri. Tuttavia, non li ho mai vissuti con angoscia. Grazie al lavoro svolto con la TA, ho sviluppato una mia personale visione di questi sogni.

Forse, sognare corridoi ricorrenti potrebbe significare che sto cercando di chiarire a me stesso un nuovo orizzonte, un cambiamento di prospettiva. Comunque sia godetevi il sogno e, già che ci siete, provate la ricetta che ho condiviso qualche giorno fa. Ah, e non dimenticate una buona bottiglia di Lambrusco: il colesterolo ringrazia.

Nel sogno, mi ritrovo in una colonia marina degli anni ’50, piena di labirinti. Le pareti sono dipinte con colori tenui, un celeste consumato e mangiato dal sale. Scendo dalle stanze al piano terra, dove un patio esterno ospita il ristorante, sotto grandi ombrelloni estivi. Nonostante sappia di trovarmi in una colonia, l’ambiente è chiaramente quello di un ristorante. I tavoli sono apparecchiati con tovaglie bianche, decorati con piccoli vasi di fiori modesti ma graziosi. Sul nostro tavolo sono serviti polenta, salsicce e costine: un pasto forse un po’ pesante per la colazione, ma irresistibile.

Attorno a noi non c’è nessuno. I lunghi corridoi che avevo visto all’inizio del sogno tornano a tratti, come un eco. Mia moglie è scesa qualche minuto prima di me ed è seduta a un tavolino, gustando caffè latte e pane imburrato. Il patio guarda verso il mare, ma in lontananza si intravede anche la montagna. Non riesco più a capire se siamo al mare o in montagna. Mi guardo intorno: sembra che il luogo sia stato affollato solo pochi istanti prima. Nelle cucine, scorgo pentoloni che sobbollono, forse per il pranzo di mezzogiorno. Mia moglie è sempre sullo sdraio del patio a godersi il sole. Le tovaglie sui tavolini ondeggiano leggermente, mosse dal vento. L’atmosfera è piacevole, quasi perfetta.

polenta costine e salsicce a colazione

Mi ritrovo nei sotterranei della struttura. Le stanze sembrano cabine balneari, con porte di legno dipinte in colori sgargianti. Alcune porte sono aperte, ma dentro non c’è nulla. Entro in una di queste cabine, mi siedo con le spalle al muro e, in quel momento, visualizzo la riva di un mare deserto. Una luce abbagliante riempie l’orizzonte, dominata da un sole accecante. Scuoto la testa per schiarirmi le idee e smetto di sognare. Esco dalla cabina e mi ritrovo con qualche carota in tasca. Penso che possano tornare utili. Decido di tornare da mia moglie.

Salgo dei gradini che portano al patio, ma lei non c’è più. Sullo sdraio rimangono il libro che stava leggendo e il suo notebook. Una luce accecante, simile a quella che avevo visualizzato nella cabina, permea l’ambiente. Mi chiedo se sto ancora sognando. Vado in camera per cercarla, ma non trovo nessuno. Un suono inquietante, profondo e crescente, invade ogni cosa. Il vento si ferma e l’atmosfera diventa opprimente. Tutti sono spariti, io sono l’ultimo uomo sulla terra. Anche mia moglie è scomparsa, proprio lei che sembrava non preoccuparsi mai di nulla. Chi ha rapito le persone che animavano quel luogo? Chi ha preparato i cibi in cucina e apparecchiato i tavoli con cura?

Mi ritrovo ai piedi del patio, sotto i grandi ombrelloni estivi. Sento delle voci e mi avvicino. Trovo mia moglie mentre parla al telefono. Mi avvicino e le chiedo dove fosse andata. Le racconto dello spavento che ho provato. Mi prometto di non perderla mai di vista. Sono vicino allo sdraio mentre lei riposa. Con l’indice le mostro una pagina di un grosso libro. E’ un trattato di economia. Lei mi guarda preoccupata, ma io non riesco a parlare. Insisto, cerco di indicarle le righe, ma le parole non escono. Mi sveglio di colpo, sudato. Sono le 4:35 del mattino.

 
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